2 ore e 15 minuti, tanto, forse meno duravano le lezioni strazianti del mio professore di letteratura alle scuole medie. Un uomo incredibilmente vecchio (era così che lo vedevo a 11 anni) con delle mani enormi dalle dita gialle a causa del sigaro che aveva tra le mani tutto il giorno costringendoci a quell’odore violento e speziato poco apprezzabile a quell’età.

Lo stesso strazio che provi nel vedere il film di Martone dedicato alla vita di Leopardi, “Il giovane favoloso”. “Un Leopardi come non l’avete mai visto”, recita così il trailer che tra un paesaggio e l’altro mostra fiero il suo po’ po’ di cast: Elio Germano, Massimo Popolizio, Sandro Lombardi, Michele Riondino, Danilo Nigrelli e chi più ne ha più ne metta.
E pensi, “finalmente!”, un film italiano con degli attori che nella vita fanno gli attori. Mica le showgirl o i valletti di uomini e donne, no, loro sono proprio Attori, di quelli che hanno fatto la “gavetta” a teatro che sono capaci di tenere infiniti monologhi senza annoiarti un secondo. Di quelli talentuosi sì, ma sopratutto artigiani della recitazione.
Ma sto andando fuori tema, “Il giovano favoloso” è un film noioso, ma questo non rende bene l’idea. E’ uno di quei film che se non fossi incastrato in quarta fila con 6 persone a destra e altrettante a sinistra, usciresti dal cinema, di corsa, urlando “Martone vaffanbagno” un po’ come avresti fatto a scuola dopo due ore di lezione con il prof. di cui sopra.
Un film che avrebbe avuto il suo perchè incorniciato da quel meraviglioso apparecchio chiamato TV, una fiction con i fiocchi al pari di quelle sulla vita di Padre Pio & co. (perlomeno, in quel caso, ce lo avrebbero propinato i due comode “rate” settimanali).

Bisogna dare adito a Martone, però, che con questo film ti fa entrare in empatia con il giovane Leopardi, durante queste due ore le senti tutte le sofferenze del giovane poeta. Come succede a lui, ti dolgono le ossa a causa della costrizione forzata sulle poltrone del cinema per circa due ore e mezzo. Per non parlare degli occhi che continuano a lacrimare di noia e sonno e di quel pessimismo che diventa inesorabilmente insofferenza. E lo senti tutto questo Infinito – E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei – che diventa Eterno e non Immenso.

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